festival sabit

Libertà di movimento

Socerb/San Servolo è uno dei miei luoghi del cuore. Spesso mi sono inerpicata lassù per guardare il golfo dall’alto, per pensare, parlare con un’amica, guardare un tramonto. Oggi la strada che scende dal castello l’ho percorsa insieme a centinaia di persone che da tutta Italia hanno partecipato alla marcia del Festival Sabir. Per dire no ai muri, no ai confini, sì all’accoglienza e sì alla libertà di movimento. Perché, come ha ben sottolineato il Sindaco di Koper all’arrivo del corteo, dove c’è un confine c’è un conflitto, e la storia delle nostre terre dovrebbe avercelo insegnato fin troppo bene. Uno di quegli amministratori, lo ha ricordato anche l’Assessora di Dolina, abbandonati a gestire il flusso della rotta balcanica, che vedono disperazione, fatica, dolore, al di là degli slogan che parlano agli istinti meno nobili della popolazione, e alle misure crudeli, vigliacche e miopi come quelle inserite nel decreto Cutro. Un fenomeno strutturale e sedimentato, inarrestabile, a differenza di quanto vogliono farci credere. Al termine del corteo, un teatro itinerante, spostato con delle vecchie biciclette, diventava una geniale scenografia per frammenti di storie e poesie, dando voce alle persone che il “game” sono costrette a farlo.

Il teatro è stato il centro anche del dolcissimo “The Jungle” il film di Cristian Natoli visto ieri nell’ambito del medesimo festival, che ha raccontato con delicatezza e profondità una storia di arrivi e di voglia di vivere, lavorare e costruire un futuro in quella bella terra che si affaccia sull’Isonzo. E ieri mattina ho partecipato invece al dibattito sullo sfruttamento degli stranieri in agricoltura: una realtà davanti alla quale i più chiudono gli occhi, mentre comprano passata di pomodoro a 50 centesimi al discount. Una realtà sulla quale la politica dovrebbe intervenire seriamente.

Stamattina, invece, con Adesso Trieste abbiamo fatto un piccolo cammino in un altro dei miei luoghi del cuore, San Giacomo, per salvare l’ex Pavan. Un luogo prezioso, nel centro del rione più denso della città, che potrebbe diventare uno straordinario spazio di aggregazione per tutte le età, contribuendo a creare comunità come vero strumento per ridurre i conflitti. Invece, l’amministrazione ha deciso, con il suo modus operandi ormai consueto, di calare sulla testa della cittadinanza un progetto da 2,5 milioni di euro per farne una palestra per lo sport agonistico, in gestione a un’associazione. Non siamo contrari alle palestre, né allo sport, ma siamo contrari al fatto che certe decisioni vengano prese senza consultare chi in un territorio vive e lavora. Nessun ascolto delle associazioni, della cittadinanza, e neppure della V Circoscrizione, per capire quali siano davvero i bisogni del rione e come rispondere a quei bisogni con un progetto. Perché è questo che un progetto dovrebbe fare: rispondere a un’esigenza. Come dice il Patto per l’Autonomia: che non si decida di noi senza di noi.

Ci sarà molta strada da percorrere. Lo faremo con il passo giusto.