una mia immagine durante la discussione in consiglio

Oggi si è discussa la mozione di Governo della maggioranza, dopo la crisi regionale. Una mozione vuota, che pone fine a un imbarazzante teatrino che ha tenuto in scacco la regione per un mese. Povere noi…

Qui sotto il mio discorso in aula


Presidente, colleghe e colleghi,

Il Presidente del nostro gruppo ha già espresso chiaramente la nostra posizione, per cui sottolineerò solamente alcune delle tante contraddizioni e lacune di questa mozione, che pretende di aggiornare il programma di governo regionale, ma che in realtà cerca di mascherare, con frasi generiche e autocelebrazione, una profonda crisi politica, rivendicando contraddittoriamente una completa continuità.

Cominciamo dal dato economico e occupazionale, che viene presentato come un successo. Ma dietro a quei numeri si nascondono precarietà, salari bassi e fuga dei giovani, mentre le politiche per la natalità si riducono a qualche bonus, senza affrontare i nodi strutturali: pari opportunità, servizi educativi, conciliazione tra tempi di vita e lavoro. Nella realtà la crisi è diffusa, e invito il collega Bernardis a dirlo alle famiglie di lavoratrici e lavoratori in cassa integrazione che quello che affermiamo non è vero e che in realtà va tutto benissimo… Lo stesso ministero delle Imprese e del Made in Italy indica le aree di crisi industriale non complessa, individuate dalla Regione: Monfalcone, Gorizia, Cividale del Friuli, San Giorgio di Nogaro, Udine, Portogruaro, Pordenone, Trieste e Tolmezzo. La crisi industriale a Trieste è palese, tra Flex, Tirso e uno stabilimento Wartsila che ha perso la motoristica anche se è stato “soccorso” in extremis da Msc. 8.500 posti di lavoro sono in bilico, e il dietrofront del gruppo Roncadin sull’acquisizione del ramo Tirso ne ha messi a rischio altri 170. Dal 2018 al 2023, i lavoratori dipendenti nel settore industriale sono diminuiti del 5,4%. Nessuna parola, però, su un piano industriale credibile, sulla riconversione ecologica delle imprese, su un rilancio produttivo che vada oltre il turismo. Turismo che sta generando, oltre a lavoro di scarsa qualità. pressioni abitative, speculazione, aumento dei costi e squilibri territoriali. Spostare gli uffici regionali in Porto Vecchio non risolve nulla, e anzi rischia non solo di togliere vivibilità, vitalità e senso produttivo al progetto generale di rigenerazione, aumentando traffico e parcheggi, ma anche e soprattutto di svuotare altri spazi – grandi e di pregio – e creare nuovi vuoti in città, come già dimostrato dai casi del palazzo di piazza Vittorio Veneto o della Fiera, su cui gli investitori si sono ritirati.

Sull’ambiente, si invoca la continuità, ma siamo in una crisi climatica devastante e la legge “FVGreen” non ha prodotto nulla, se non un mirabolante premio in cui si vince – udite udite – una targa. Intanto, mentre si parla di mitigazione del rischio idrogeologico, si progettano spiagge artificiali a Barcola e nessuno affronta seriamente l’impatto dell’innalzamento del livello del mare, che minaccia direttamente il Porto Vecchio, e dispiace che l’Assessore Scoccimarro non sia venuto ieri a vedere il video Sommersi, presentato dal Cevi in occasione della partenza della Goletta verde di Legambiente. Il piano di adattamento e mitigazione previsto dalla legge è ancora al palo, paradossalmente c’è proprio oggi un incontro riguardo in Regione, nessun riferimento alla giustizia climatica, alla biodiversità, alla decarbonizzazione o alla riduzione dei consumi, né sul raggiungimento con 5 anni di anticipo degli obiettivi del Green Deal, come spesso annunciato. Il piano energetico regionale è centrato su nuove strade forestali per biomasse e anche in agricoltura nessuna misura per sostenere i piccoli agricoltori o per avviare una transizione agroecologica concreta. Un vuoto pneumatico fatto di slogan che non significano niente, come quello del “ambientalismo conservatore” tanto caro all’assessore, che ci sta condannando a subire gli effetti dell’emergenza climatica, ma secondo il collega Calligaris va tutto bene perché “fanno le pubblicità sui social”.

Nel settore infrastrutture, il silenzio è ancora più assordante. Niente su temi cruciali come il Tagliamento, il Passo Monte Croce –  mi dispiace per il collega Giacomelli ma è un tema centrale molte persone -, o il caso dell’ovovia di Trieste, sul quale state giocando al gioco del silenzio a ogni livello – e questa sì che “sovverte la volontà popolare” come affermato dal presidente Fedriga. Anzi, si afferma che il piano paesaggistico regionale sarebbe “troppo vincolante”, aprendo così alla possibilità di costruire nuovi ecomostri, come i 10 piani in centro storico che abbiamo denunciato proprio ieri in via Udine a Trieste.

Anche sulla cultura il quadro è deludente. Si cerca di rilanciare Pordenone come Capitale italiana della Cultura, ma non basta assegnare milioni a pioggia a singoli eventi senza alcun meccanismo di valutazione o ricaduta concreta. Cultura dovrebbe significare lavoro qualificato, economia, innovazione, e servono strategie chiare, trasparenti, capaci di generare valore duraturo sul territorio. Per non parlare dell’assurda contraddizione di aver sospeso Schengen proprio nell’anno di Gorizia Nova Goriza capitale europea della cultura, ora assurdamente separate da un confine con cui vi vantate di aver bloccato la rotta balcanica mentre i dati dicono tutt’altro.

Sulla sanità già molto è stato detto ma aggiungo una questione: la salute mentale, i cui servizi a sostegno sono stati totalmente depotenziati in un periodo storico in cui c’è un drammatico aumento – in numero e gravità – dei problemi di salute mentale, soprattutto tra i giovanissimi, mentre la Giunta si rifiuta di inserire un sostegno psicologico strutturale in tutte le scuole, così come rifiuta di ragionare sulla necessaria educazione al consenso e all’affettività, mentre i femminicidi dilagano in età sempre più giovane, concentrata com’è solo su accorpamenti e celebrazione di corpi armati.

Il Friuli Venezia Giulia ha bisogno di politiche vere sulla sanità, sul cambiamento climatico, sulla scuola, sul diritto alla casa, sulla lotta alle disuguaglianze. Non ha bisogno di un’amministrazione autoreferenziale, che usa la Regione come un’arena di equilibri interni e non come uno strumento per migliorare la vita delle persone. Questa mozione non è altro che il tentativo di consolidare un potere fine a sé stesso, scollegato dai bisogni reali della nostra terra. Ecco perché oggi esprimiamo una ferma opposizione, nel rispetto delle istituzioni, ma soprattutto nel rispetto della cittadinanza del Friuli Venezia Giulia. Noi vogliamo un governo che guardi al futuro, non che si aggrappi disperatamente al presente.

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Pesanti omissioni su migranti, ambiente e sanità: lavoreremo per proporre politiche eco-sociali all’altezza delle sfide che dobbiamo affrontare

Il mio primo intervento in Consiglio Regionale, la replica al Programma di Governo del Presidente Fedriga.


Egregio Presidente, gentili Assessore e Assessori, Consigliere e Consiglieri,

Delle linee di Governo esposte dal Presidente Fedriga non è tanto quel che è stato detto a spiccare, quanto quel che è stato omesso. 

A partire dal dovuto accenno alla solidarietà al popolo ucraino, che non è stato accompagnato da alcun ragionamento sulle difficoltà relative all’accoglienza dei flussi migratori provenienti dalla rotta balcanica, da chi fugge da guerre e crisi economiche e climatiche, 145.600 attraversamenti, con un aumento del 136% nel 2022 rispetto al 2021, e che rappresentano la metà degli arrivi in Europa, secondo l’Agenzia Europea Frontex. Una situazione che non si può trattare come emergenziale o temporanea, ma sulla quale bisogna fare proposte concrete nel lungo periodo, garantendo il rispetto della dignità delle persone e degli accordi internazionali – cosa che non sempre è avvenuta negli anni scorsi, basti pensare ai respingimenti illegali, che hanno scritto una pagina triste della storia della nostra Regione mentre l’opinione pubblica era concentrata sulla tragedia del covid, respingimenti che invece il Presidente Fedriga chiede che ripartano. 

Anche gli incendi sono stati trattati solo in termini di tragedia imprevista, tralasciando invece l’elefante nella stanza: la crisi climatica che ne è causa principale e che farà sì che non si tratti, purtroppo, di episodi sporadici e improbabili. Così come la siccità, che impone non solamente un ragionamento sugli invasi, come è stato detto, ma anche un ripensamento complessivo del comparto agricolo, un cambio di colture e di sistemi produttivi. Va ripensato l’intero approccio alle calamità naturali, e nei cinque anni di legislatura precedente non è stato fatto niente per prevenirle e mitigarle, e ben poco si è trovato neanche nei propositi per il prossimo quinquennio. Una tragedia ampiamente annunciata dal mondo della scienza, un mondo con molte eccellenze locali di cui questa Regione si vanta ma che non è in grado di ascoltare, come non è in grado di ascoltare le associazioni che si occupano del tema. L’orologio climatico di Extinction Rebellion su questo è molto chiaro: abbiamo solo 6 anni per tutelare l’esistenza della specie umana sul pianeta terra e non possiamo permetterci di perderne altri cinque stando a guardare.

Di tempistiche e di scelte discutibili invece si è parlato, relativamente al PNRR, ma anche qui sorprendentemente non è stato fatto nessun accenno alla scadenza del 2024, solamente tra un anno e mezzo, per la realizzazione dell’inutile, impattante e insostenibile ovovia a Trieste. Un’infrastruttura che la cittadinanza non vuole – e l’ha dimostrato in molti modi, trovando un però muro di gomma nelle istituzioni che anche in questo caso non hanno voluto dare ascolto a quelle numerosissime voci che sottolineano i problemi ambientali ed economici relativi all’opera. Un referendum il cui quesito è stato bocciato perché “l’interesse è sovralocale”, come se un territorio dovesse accettare di vedersi calare dall’alto opere inutili e impattanti, senza poter dire niente in merito. Secondo noi la specialità della nostra regione dovrebbe andare anche nella direzione di un autogoverno dei territori, di un’autonomia decisionale su quello che avviene negli stessi, ascoltando chi in quei territori vive e lavora e chi subirà le conseguenze di scelte scellerate, perché “nessuno decida di noi senza di noi”. Un tema che ha una forte rilevanza regionale, sia per quanto riguarda la distruzione di un habitat protetto Natura 2000, che per quanto riguarda il sistema dei trasporti pubblici, in quanto l’Amministrazione comunale di Trieste ha più volte dichiarato di voler inserire l’opera nel piano di trasporto pubblico regionale, con costi a carico dunque di chiunque in questa regione viva, e a scapito invece di altri investimenti che potrebbero andare nella direzione di un trasporto pubblico veramente accessibile e sostenibile. Come la progressiva gratuità dei trasporti pubblici introdotta in diversi territori italiani ed europei, con i cosiddetti “biglietti climatici”. Una misura capace di spostare veramente l’utenza dall’auto privata, riducendo l’inquinamento ma anche migliorando la vivibilità delle nostre città, sgravando allo stesso tempo la cittadinanza degli elevati costi che l’uso dell’auto privata comporta. Un approccio al trasporto pubblico che deve guardare al futuro e non al passato. Siamo sicuri di esultare della riattivazione del volo Trieste – Linate, quando nel resto d’Europa si sta cercando di eliminare i voli interni a breve raggio a favore del treno, decisamente più sostenibile? Il trasporto su ferro dovrebbe essere più economico, comodo, efficiente, e questo non vuole di certo dire devastare e bucare il carso con l’inutile TAV per una manciata di minuti appena, ma piuttosto modernizzare la linea esistente, dove ci sono ampi margini di miglioramento. Tutto questo viola ampiamente il “principio di lungimiranza” citato dal Presidente nel suo discorso. 

Arriviamo quindi al tema santià, sul quale questo governo ha fatto errori devastanti. Questo aspetto è stato approfondito dalla collega Liguori e da altre e altri prima di me, ma mi permetto di concentrarmi su quanto sta avvenendo sul territorio triestino in merito. A Trieste abbiamo sempre avuto alcune eccellenze, come le microaree, studiate anche all’estero come misura fondamentale di salute territoriale attiva, che consentono di rintracciare e intercettare i bisogni delle persone che vivono nei rioni, in modo capillare, senza attendere che siano loro a cercare sostegno. Sempre diffusi sul territorio, i Distretti Sanitari offrono un supporto a tutto tondo a misura di persona, mentre l’Assessore Riccardi, riconfermato, li vuole distruggere, specializzandoli e andando in una direzione sempre più ospedalocentrica della sanità, con gravi conseguenze sull’accessibilità alle cure da parte delle persone con pluripatologie. Senza parlare dell’attacco alla salute mentale, proprio nella città di Basaglia, con l’annunciata riforma della Legge 180: anche in questo caso, i centri di salute mentale distribuiti sul territorio e aperti 24 ore su 24 sono un servizio da tutelare, tanto più in un momento storico dove a seguito della pandemia il disagio mentale sta aumentando. Proprio in questi giorni, infine, stiamo assistendo alle proteste della cittadinanza contro la chiusura di due Consultori Familiari a Trieste, indispensabili per la salute delle donne in primis, e inaccettabile attacco alla genitorialità che si dice di voler invece sostenere. Microaree, Distretti, CSM, Consultori: presidi di salute territoriale irrinunciabili, da potenziare, estendere e integrare e non da distruggere e accorpare, come invece si intende fare, guardando al privato convenzionato e alla privatizzazione in generale come soluzione a ogni male della nostra Sanità. 

Per concludere, poniamo una domanda al Presidente Fedriga e alla sua Giunta relativamente alla tanto acclamata Valle dell’Idrogeno dell’Alto Adriatico, progetto sul quale sarà necessario fare molta chiarezza in merito alla sostenibilità sia economica che ambientale, oltre agli aspetti relativi alla sicurezza della popolazione. Nell’incontro promosso sul tema durante la campagna elettorale, infatti, il Presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti, ha affermato “dobbiamo immaginare che anche la produzione dell’idrogeno avrà bisogno, oltre che di fonti rinnovabili, anche di altre fonti di alimentazione che rendano conveniente la produzione dell’idrogeno che al momento non è conveniente in assoluto, quindi dovremo pensare anche al nucleare come una delle fonti possibili per la produzione dell’idrogeno, non solo idrogeno verde ma anche nucleare.”, ha ribadito. Ecco, allora chiediamo alla Giunta di chiarire la sua posizione in merito, visto che il Consiglio Regionale nella scorsa legislatura ha votato all’unanimità contro il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Su questo, idrogeno ed energia nucleare hanno un grande punto in comune: non si possono produrre in modo diffuso e democratico, a differenza delle rinnovabili, rinunciando quindi a distribuire i benefici sia economici che sociali della transizione ecologica tra la popolazione, come farebbero invece le comunità energetiche.  Sul progetto della valle dell’idrogeno ci saranno molti approfondimenti da fare, ma nel frattempo non possiamo perdere l’opportunità di ridurre l’energia consumata (ad esempio con il bonus 110 che non andava smantellato ma rivisto in un’ottica redistributiva, a favore dei cittadini con redditi più bassi) e produrre energia solare e eolica – TANTA e PRESTO, permettendo di farlo soprattutto a chi ne ha più bisogno, persone e imprese che sono state invece tagliate fuori dai bonus a pioggia della scorsa legislatura. Nel frattempo sono necessari degli investimenti urgenti per decarbonizzare altri settori strategici, come il turismo e la mobilità, dando gambe a strumenti che già esistono, come il PREMOCI per la ciclabilità, solo per fare un esempio. 

In conclusione, siamo fortemente  preoccupati soprattutto della mancanza di uno sguardo a lungo termine e dell’assenza di una visione positiva di un futuro che trasformi le crisi che dovremo affrontare in un’opportunità per ridisegnare l’economia, la sanità e la mobilità della nostra regione, una visione da costruire passo dopo passo nei cinque anni che avremo davanti. Dal canto nostro, ci impegneremo con proposte concrete che possano realizzare politiche eco-sociali innovative nei nostri territori, mettendo al centro il benessere delle persone e dell’ambiente nel quale esse vivono. Proposte che dovranno essere all’altezza delle complesse sfide che stiamo affrontando, e che non possiamo permetterci di perdere.